Le fantasie epatiche
a cura della dott. Dott. Luisa MERATI*
Medico chirurgo, coordinatore del Centro Medicina Psicosomatica.
Specializzata in psicoterapia, psicologia clinica, allergologia, immunologia, nefrologia; diploma di ipnosi (AMISI), diploma di psicoterapia a indirizzo psicosomatico.
Coordinatore sezione SIMP S. Carlo – Naviglio Grande.
Qualsiasi organo, parte del corpo o processo somatico, è origine dell’eccitazione che configura l’impulso istintuale.
Zona erogena orale anale genitale ma anche zona erogena epatica.
Ogni organo o processo, oltre a possedere la proprietà di erogeneità, può essere sia agente della scarica di piacere quanto oggetto della stessa in modo che ogni zona crea per mezzo del suo funzionamento o riceve (dagli altri organi o dall’oggetto stesso) cariche o potenziali energetici e allo stesso tempo è capace di scaricare quei potenziali nell’oggetto esterno o in qualsiasi altra parte del corpo determinando così l’erotizzazione.
Quando il processo è “abbastanza importante” l’eccitamento creato invade gli organi vicini e contribuisce con potenziali propri all’eccitamento generale dell’istinto sessuale (che nasce come effetto secondario quando l’intensità dei processi interni supera determinati limiti quantitativi).
Una determinata zona rappresenta una fase particolare nell’ambito di un processo evolutivo (primato di quella zona).
Il primato si sposta da una zona all’altra appoggiandosi su diverse funzioni corporee, funzioni che possono diffondere la loro erogeneità nel momento del loro primato come pure possono venire erotizzate durante altri primati.
Ogni organo contribuisce con potenziali propri all’eccitazione generale dell’istinto sessuale.
Sono proprie quelle cariche che rappresentano in forma di rappresentazioni, affetti o fantasie qualità specifiche derivate dalle organizzazioni biologiche che gli dettero origine.
Quindi fantasie orali genitali anali ma anche visuali uretrali epatiche.
Il grado di importanza della funzione epatica in relazione all’insieme delle altre funzioni organiche,varia nei diversi momenti dello sviluppo e acquisisce il suo valore più alto durante il periodo fetale quando il fegato occupa quasi tutto l’addome e il suo volume rispetto al corpo è tre volte maggiore di quello dell’adulto(punto di fissazione epatico-prenatale).
La rappresentazione che fa parte di un sogno,di un mito,di una malattia non viene scelta a caso ma c’è un’associazione tra l’inconscio e il derivato che costituisce la rappresentazione prescelta.
Simboli universali = rappresentazioni particolarmente adatte a ricevere su di sé il trasferimento di determinate fantasie inconsce con cui hanno elementi in comune;ripetutamente utilizzate arrivano a costituire lo strumento di comunicazione che chiamiamo linguaggio.
I miti, le leggende si possono considerare sogni tipici dell’umanità,sono costituiti da simboli con un elevato grado di universalità.
La scelta dell’organo attraverso il quale si esprime un determinato disturbo è governata dagli stessi principi che determinano la scelta di qualsiasi altra rappresentazione.
“Linguaggio d’organo”la rappresentazione dell’organo costituisce un simbolo universale di quelle famtasie inconsce.
Fantasie inconsce simbolizzate da certi organi (ad es. orali = bocca): la loro fonte somatica è costituita da quell’organo (la bocca) (anche per gli organi interni,i processi biologici).
emozione riverbero somatico linguaggio
PRIMATO DELLE FANTASIE EPATICHE
Testimonianze date dal linguaggio
Malinconia = bile nera = stasi biliare = ipocondria
Quando utilizziamo una parola o un’espressione particolare del linguaggio, accade che nella carica inconscia partecipino le stesse cause che dettero origine all’espressione verbale relativa: è proprio la validità di tali cause che perpetua determinati usi del linguaggio.
Se nella denominazione della melanconia si utilizza una parola che segnala una alterazione epatica è perché il contenuto inconscio della malattia “mentale” si trova “in relazione con questo organo del soma.
Acido-agro stomaco
Velenoso-amaro fegato (bile) Amarus amarellus (pallore di quelli che soffrivano di itterizia-alterazione della secrezione dell’umor nero-bile) amarillo (giallo in spagnolo) amarezza Nel linguaggio il giallo e il verde sono associati all’invidia e alla gelosia. In inglese jaundice (gelosia, invidia) viene da Jaune (giallo in francese). |
FANTASIE EPATICHE NELL’INVIDIA/GELOSIA
Invidia: fantasia orale distruttiva in stretto rapporto con la proiezione e lo sguardo (invideo = guardar dentro).
I meccanismi proiettivi visuali orali o uretrali non acquistano la qualità specifica che li trasforma in invidia se non sono associati, nella fantasia inconscia, con le rappresentazioni epatiche (esclusività della rappresentazione in funzione di un certo organo) (invidia è verso coloro che riescono a realizzare quello che a noi non riesce).
D’accordo con Freud circa il linguaggio degli organi possiamo pensare che se i disturbi epatobiliari si arrogano la rappresentazione (o si verificano nel corpo come una conseguenza) dell’alterazione delle pulsioni, meccanismi o affetti conglobati nell’invidia, è perché il contenuto inconscio dell’invidia si trova in stretta relazione con quei processi che denominiamo epatici.
La bile è un umore amaro che, escreto o secreto dal fegato, fluisce attraverso le vie biliari e in parte si condensa e accumula nella cistifellea. Possiamo dunque pensare ad un meccanismo inconscio (“psicocorporeo”) di “espulsione velenosa” diverso da quello anale o uretrale, che può essere usato come invidia o è già invidia. Possiamo anche pensare ad un meccanismo di ritenzione, di stasi, di accumulo di “veleno”in accordo con quello che già abbiamo visto nello studio etimologico della parola malinconia.
Le fantasie epatiche si associano ad una imago invidiosa e velenosa, una madre velenosa che viene rappresentata di frequente come una serpe.
Sappiamo che la bile “elabora” gli alimenti ed interviene in un tipo di digestione esterna che non si realizza nei tessuti ma nel lume intestinale: l’invidiare dovrebbe includere un modo di funzionamento “mentale” per principio normale che consiste nell’analizzare un oggetto “dal di fuori” prima di incorporarlo (voglio essere come te – azione invidiosa).
L’aspetto proiettivo di questa digestione invidiosa corrisponderebbe all’utilizzazione psicologica della digestione esterna la cui giustificazione possiamo trovare nella necessità e nel desiderio di incorporare l’oggetto idealizzato, che si teme di incorporare intatto a causa del suo contenuto persecutorio.
In spagnolo e in francese il termine invidia mantiene una connotazione positiva (voglia di ciò che è lecito).
Considerata così l’invidia non è soltanto un affetto che evita l’introiezione o evita la discriminazione tra buono e cattivo, ma è anche un duplice meccanismo di difesa, come tentativo di sminuzzare da fuori ciò che si teme di incorporare intatto e come forma di distruzione dello stimolo non maneggiabile che provoca il ri-sentimento della carenza.
Malattie epatiche-tormento nell’incapacità di realizzare determinati ideali
Fantasie epatiche = metaboliche = quotidiana consunzione e rigenerazione
Prometeo
Ruba il fuoco agli dei, l’aquila gli divora il fegato che continuamente ricresce.
Zeus = es = ideale dell’io (onnipotente vita istintiva).
Prometeo = Io ideale il cui paradigma è l’io fetale capace di trasformare in un corpo materiale i prototipi delle immagini ereditate attraverso i geni.
“Quali tra i sogni realizzare”, Prometeo = principio di realtà, la funzione tendente a materializzare nel mondo esterno le idee o sogni attribuiti agli dei come rappresentanti del mondo interno.
Materializzare = realizzare
Uomo di fegato = colui che ha valore, che realizza.
Il fegato assume la rappresentazione totale del processo per mezzo del quale si assimilano e si trasformano in carne propria le sostanze aliene che chiamiamo alimenti.
Prometeo mantiene il silenzio durante il suo supplizio “egli ha inghiottito le proprie lacrime e ha divorato il proprio fiele”: mantiene la sua arroganza mediante la negazione della sua invidia frustrata, i cui effetti su Zeus, coartati nel loro fine distruttivo, si ritorcono contro di lui stesso e costituiscono la causa inconscia che sopraggiungendo ogni giorno come il becco dell’aquila, rinnova perennemente il suo supplizio epatico. La sua invidia frustrata latente e inconscia permane negata mediante la sua arroganza stoica e il suo possesso del fuoco degli dei, nonostante che questo stesso fuoco rubato, a cui si sente incapace di rinunciare, è ciò che provoca e mantiene il suo tormento epatico invidioso.
Il suo carattere maniacale appare attraverso la sfida verso gli dei e mediante la negazione di due aspetti, ipocondriaco e melanconico.
L’aspetto melanconico appare abbozzato dalle lacrime e dalla bile come rappresentanti della tristezza e della amarezza per lo scherno sofferto e la ignominia del supplizio che Prometeo deve sopportare per non rinunciare al possesso del fuoco.
La negazione dell’invidia che lo porta ad inghiottire la sua propria bile, riempiendosi di amarezza, coincide anche con la negazione della malinconia (bile nera, la colorazione del fiele che non fluisce liberamente).
L’aspetto ipocondriaco, il più negato nel mito nasce come timore davanti alla sofferenza che proviene dall’aquila: “Prometeo, per il dolore causato dai becchi che lo dilaniavano, si serrò sempre più contro la roccia, finché divenne una cosa sola con essa”.
Prometeo non può rinunciare ai suoi oggetti ideali interni, il fuoco degli dei che lo trasforma in profeta, e questo tende acompromettere sempre più il legame con l’oggetto esterno.
Per questo rinuncia a Pandora la donna inviata dagli dei tentatori che qui rappresentano l’ES che procura la soddisfazione genitale:questa soddisfazione genitale minaccia la conservazione del fuoco, origine della realizzazione culturale che risulta dalla rinunzia alla soddisfazione istintuale diretta. Allo stesso tempo questo ideale attraendolo in maniera irresistibile, gli impedisce lo spostamento della sua libido verso gli oggetti esterni che potrebbero lenire il dolore dei suoi istinti insoddisfatti.
Ipocondria, melanconia, invidia coartata nel suo scopo, compendiata nella leggenda come tormento epatico:il letargo che coinciderebbe con il fallimento dell’invidia impotente coartata nel suo scopo, rappresenterebbe il grado estremo di questo tormento, incamminandosi verso la morte in una atmosfera tossica derivata dall’autolisi del suo proprio organismo.
Prometeo è liberato da Eracle che uccide l’aquila con una freccia avvelenata nella bile dell’Idra di Lerna.
L’aquila di Zeus rappresenterebbe l’impatto dei contenuti ideali associati con gli impulsi istintuali che, sopravvenendo ogni giorno consumano il proprio organismo e acquistano un carattere superegoico quando questo organismo, legato come prometeo nel suo tormento, non è capace di deviare l’azione di tali contenuti verso l’esterno.
Freccia = bile velenosa = invidia che opera intrapsichicamente assimilando nell’io quegli oggetti interni, ideali, il cui carattere”sacro” evidenzia allo steso tempo le loro qualità preziose e persecutorie.
L’invidia coartata nel suo fine si configura nel mito come un mondo interno in ristagno malinconico, mentre il disciogliersi dell’invidia costituisce la conclusione e la vittoria di un penoso processo drammatizzato attraverso la lotta con Zeus: Prometeo rinuncerebbe al suo contatto ideale con l’Es, a nuove sofferenze offerte alla sua visione profetica.
Potremmo dire che l’assimilazione degli oggetti interni ideali che tempera la sua passione avvelenata rende capace Prometeo di un vincolo con gli oggetti materiali dove l’invidia acquista il carattere di ambizione (emulazione) e desiderio onesto e la gelosia si trasforma nello zelo con il quale si bada all’oggetto amato.